top of page

Il matrimonio di Guido

Aggiornamento: 25 mag 2022


buddha carving

“Caro Guido , ci vorrebbe un cambiamento. Un cambiamento radicale!”

Mentre pronunciavo quelle parole cercavo d’immaginare quali e quanti mutamenti un cambiamento radicale avrebbe potuto portare nella mia vita.

Mi piaceva lasciarmi trasportare dal suono di quella frase e mi eccitavo all’aspettativa di un futuro che, per quanto incerto, indefinito e confuso, avrebbe potuto sicuramente essere migliore di quel presente.

Era proprio una bella frase, pensavo, e m’immaginavo che avrebbe potuto addirittura essere l’incipit di un nuovo meravigliso dramma teatrale di cui avrei potuto benissimo essere contemporaneamente autore, regista e attore. Un dramma dell’assurdo al pari di Aspettando Godot, persino meglio: “Aspettando Guidò!”

E mentre pronunciavo la fatidica frase, prendevo un pezzo di carta straccia dalla mia scrivania, lo appallottolavo nella mano, assumevo la posizione di tiro a canestro e plasticamente tiravo.

“Se faccio centro vuol dire che il cambiamento ci sarà e sarà bello come me lo aspetto.” Pensavo tra me.

Guido mi osservava e sorrideva.

La palletta di carta toccava il muro e quindi rimbalzando incerta sul bordo del cestino, usciva e rotolava fuori.

Era il 1999 e da poco mi ero trasferito a Milano. Guido ed io condividevamo lo stesso ufficio, in via Torino 2, con le finestre che davano su piazza del Duomo. Costosissimo e bellissimo. Facevamo parte di un gruppo di brillanti e rampanti specialisti dell’Information Technology che si erano ritrovati più o meno casualmente nello stesso posto per cambiare le sorti del mondo bancario e fare un bel mucchio di soldi.

Eravamo gli esperti del trading on-line e dell’home banking, della distribuzione real-time dei dati di mercato e dei meccansimi informatici alla base dei mercati azionari. Di li a poco ci sarebbe stato il millennium bug e anche in previsione dei possibili disastri che il bug avrebbe potuto portare ai sistemi informativi finanziari mondiali, le nostre commesse erano cresciute a dismisura.

Era l’epoca delle dotcom e dei mercati azionari tecnologici impazziti e drogati. Le societa’ informatiche spuntavano come funghi e non appena quotate in borsa raddopiavano il proprio valore nel giro di pochi giorni o settimane. Avevamo bonus e stock-options, mangiavamo quasi sempre nei ristoranti e fast-food del centro e mogli e fidanzate vivevano altrove. Lavoravamo senza soste dalla mattina presto sino alla sera tardi e vestivamo abiti eleganti perchè i nostri clienti erano tutte le principali banche e istituti finanziari italiani.

Era la bolla delle dotcom e noi ci sentivamo le persone giuste, nel posto giusto nel momento giusto! Eravamo veramente giusti!

A Milano tutti correvano, come noi, perché se arrivavi per primo prendevi tutto il banco e in palio c’erano tanti bei quattrini.

Tutti correvano e sgomitavano e anche io, che i primi tempi ero alloggiato in un camper alla periferia di Milano, che alle 7:15 prendevo la metro che magicamente mi portava in piazza Duomo, dove facevo colazione prima di salire nel mio ufficio al secondo piano con vista Duomo, mi sentivo parte di quell grande gioco.

Mentre fuori  tutti correvano, Guido se ne stava il piu’ delle volte seduto al computer con aria serafica e sorniona di colui che la sa lunga. Alternava il gergo dell IT a frasi da filosofia dei massimi sistemi e amava parlare a lungo. Io ascoltavo molto volentieri anche se a volte perdevo il filo del discorso, o forse lo perdeva lui, ma non saprei dirlo con certezza.

Quello che è certo è che Guido, nonostante il mondo fuori da quell’ufficio vivesse ad un ritmo frenetico, non aveva perso di vista le cose importanti della vita. Forse anche perchè la vita non era stata generossima con lui e la sua famiglia. Eppure quando parlava dei sui drammi familiari lo faceva con quella leggerezza di chi sa che ci sono cose inelutabili e di cui non ci è dato sapere il perchè.

Guido non aveva la macchina, non aveva la fidanzata fissa e se la prendeva comoda. E ci guardava come ci guarderebbe un padre che vede i propri figli adolescenti smaniare per intraprendere le tortuose strade della vita per la prima volta e come tale erlargiva consigli IT e perle di saggezza. Ogni tanto spariva per recarsi dai clienti ma il più delle volte sedeva al computer dell’ufficio scrivendo tomi zen-IT.

Durante quelle ore in ufficio trascorse insieme, ogni tanto avevamo bisogno di staccare la spina, distogliere gli occhi dal computer e sgranchirci le membra. Parlavamo del più e del meno e ci dedicavamo al gioco della palletta, ovvero centrare il cestino con una palla di carta.

Chiudevamo la porta dell’ufficio per non dare troppo nell’occhio e via. Ogni palletta una pensiero. Io con l’apprensione di fare centro e lui con la leggerezza di chi non si aspetta granchè.

Oggi Guido , a distanza di 16 anni si è sposato e alla tenera età di 55 anni ha finalmente trovato la compagna del suo prossimo viaggio in un corpicino minuto e due occhi neri, profondi e asiatici.

Guido si sta apprestando a entrare in una minuscola comunità, un piccolo universo parallelo, intrigante e trans-culturale italo-tailandese, figlio di quel melting pot metropilitano anticipatore dell’umanità che verrà. Un piccolo mondo varipinto di famiglie allargate, di uomini viaggiatori e di piccole donne dal corpo sinuoso e dall’italiano incerto.

Guido sarà anche padre molto presto e dovrà anche prendersi cura di una bambina che già abita con la madre e avuta da una precedente relazione.

Per me ce n’è quanto basta per farmi venire una certa ansia da carico di responsabilità e tra me penso: “Guido ma sei proprio sicuro di quello che stai facendo? D’accordo il cambiamento radicale, ma così non è forse troppo?…”

Dopo la cerimonia ci rechiamo nella nuova casa degli sposi e mentre le donne Thai siedono in cucina a giocare a carte, gli uomini siedono in salotto, a prendersi cura dei bambini, a parlar di viaggi, amore e sesso e ovviamente, di donne e di cultura Thai. Mentre parliamo capisco quanto affascinamente sia quel mondo ma percepisco anche le profonde differenze culturali e non riesco a fara a meno di preoccuparmi per lui, di quello che sarà.

Invece in lui vedo solo lievi nuvole di pensieri solcare la fronte e rapidamente lasciarlo indifferente e felice.

Mi guarda e mentre prende una palletta di carta mi dice: “Sai Stefano, io le ho promesso amore per almeno trent’anni e lei mi ha risposto: intanto concentriamoci sui prossimi due, il resto si vedrà.”

Guido mi sorride, alza il braccio distrattamente e la palletta lascia sicura la mano e si libra leggera nell’aria per finire dolcemente dritta in buca.

4 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page