Comunque arrivato a Cardini comincia a piovigginare. Mi accoglie Alessandro, un ragazzo dai modi gentili con un viso che raccontava una storia per ogni giovane ruga. Mi ricordava un pò Nicolas Cage di non mi ricordo piú quale film. A torso nudo, al riparo di un piccolo gazebo stava disponendo su di un tavolo traballante un gioco da lui ideato: una metafora del viaggio della vita, fatto di pensieri, poesie e piccoli manufatti di legno. Incuriosito gli chiedo di parlarmene e lui un pò titubante, mi accontenta, cercando di misurare le parole, guardandomi dritto negli occhi per scorgere anche il minimo cenno di noia o sarcasmo. Deve averne visti di sguardi così!
C’e’ il manufatto della barca con due calamite, una a poppa e una a prua e una bilancia sull’albero maestro, e la scocca con su scritte vizi e virtù; c’e’ la bussola che indica non i venti ma le forze che ci spingono e ci sostengono; il faro che con le sue certezze illumina il viaggio sottocosta; la stella polare che mostra costantemente la rotta da seguire; la piramide sulla sabbia, per contenere le offerte degli astanti; e poi c’e’ la ruota, realizzata con un vero cerchione di bicicletta che contiene nove piccole pergamene, ciascuna contenente un pensiero per il giocatore, la sua carta di viaggio.
Gli chiedo se si guadagna da vivere cosi’ e lui mi risponde che si, lo vorrebbe. Nel frattempo facendo lavori “normali” si e’ messo da parte qualche risparmio che gli consente di sopravvivere per qualche mese e capire se il suo “gioco del viaggio della vita” potrebbe riscuotere un qualche interesse nel mondo. Sorrido sorpreso, con il solito sguardo ebete che mi si stampa sulla faccia quando incontro persone che con la loro semplicità mi destano invidia e tenerezza assieme.
Preparo il banco anch’io e sistemo le mie brave bottiglie. Arrivano i primi clienti e io sciorino la mia solita pappardella su come è fatto questo e quel vino, sui vitigni, sulla biodinamica e sul gran mazzo che bisogna farsi in vigna e in cantina per fare ciascuna di quelle bottiglie.
Alessandro ogni tanto mostra il suo gioco ai bambini che lo guardano divertiti e nelle pause indossa i sui “kangoo” e parte saltellando per le vie del paese.
Nel frattempo la pioggia comincia a cadere sempre più fitta fino a che si scatena un vero e proprio temporale. Salta la luce ed è un fuggi fuggi. Riesco a mettere i cartoni del vino al riparo in una piccola rimessa e poi corro alla macchina. Ma sono ormai fradicio e in quelle condizioni l’unica cosa da fare è andare in albergo.
Entrato nella mia stanza mi preparo un tè e rifletto sulla giornata: ho venduto solo cinque bottiglie di vino e certo questo non mi ripaga nemmeno lontanamente del viaggio e del pernottamento. Però la pioggia abbondante è un gran bene per le giovani barbatelle che ho piantato ad aprile e che stavano già soffrendo per il caldo eccessivo. Mi addormento pensando che in fin dei conti va bene così e che l’indomani avrei potuto tornare a casa e dedicare del tempo in più a mia figlia che altrimenti sarebbe stata da sola.
L’indomani risalgo dall’albergo verso Cardini. Piccola riunione tra produttori e organizzatori per decidere il da farsi e a maggioranza si decide che, viste le condizioni meteo, è meglio per tutti tornarsene a casa.
Alessandro, sempre gentile e disponibile, mi da una mano a caricare la macchina e improvvisamente mi viene in mente il suo gioco, con i piccoli manufatti costruiti con tanta cura.
“Tutto distrutto…” mi dice serafico “si vede che dovevo ricostruirlo”
Avrei voluto fargli un’offerta in denaro e contribuire così, seppur in piccola misura, alla “ricostruzione” ma non ne avevo più. Tutto andato per la cena e per pagare l’albergo.
Allora gli regalo un cartone di vino con l’invito a berlo durante la ricostruzione del gioco e a brindare alla mia salute. Lui commosso mi ringrazia e mi regala una piccola pergamena del gioco e un suo libro di poesie. Decido di non leggere subito la mia carta del gioco e di aspettare fino a sera.
Ci salutiamo: “Namaste!”
Il pomeriggio lo trascorro con Alice e la sua amica, prima al cinema e poi a mangiare all’American Diner. Ci divertiamo, ridiamo e scherziamo tutto il pomeriggio, con io che cerco di imbarazzare le due ragazzine cantando in modo stonato e parlando ad alta voce in pubblico.
La sera rientro a casa, mi metto in pigiama e mi ricordo della piccola pergamena che avevo riposto nella tasca della felpa: la srotolo lentamente e leggo:
INNO ALLA GIOIA
Odia se vuoi Prova rancore se pensi di non poterne fare a meno ma ti prego cerca di comprendere che quello sarà il solo tempo vermente sprecato.
Gioisco. Questa é davvero la mia carta di viaggio. Ne farò buon uso. E penso alle mie barbatelle che staranno festeggiando sotto la pioggia, ad Alice così bella e gioviale ed al tempo che oggi abbiamo trascorso assieme, ad Alessandro che beve il mio vino mentre ricostruisce il suo gioco, al mio Amore che rivedrò presto, dopo la pioggia.
Ecco, adesso mi spiego perchè sono andato al critical wine: nonostante tutto, in fondo in fondo, finchè c’è pioggia c’è speranza!
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